martedì 16 dicembre 2008

giovedì 11 dicembre 2008

Massimo Canevacci Ribeiro - Una stupita fatticità. Feticismi visuali tra corpi e metropoli - Costa & Nolan


La cultura contemporanea è caratterizzata dalla proliferazione di nuove forme di feticismo radicalmente trasformate, rispetto a quelle classiche, dai flussi della comunicazione digitale e del consumo performativo. Il titolo del libro cita un concetto che Adorno usa per criticare il metodo che cerca di dissolvere i processi di reificazione rivendicato da Benjamin: forare le fatticità visuali, cioè l’insieme di oggetti-cose-merci, con lo stupore di uno sguardo che è avvolto e che fuoriesce dai feticismi. L’autore parte da questo concetto – la stupita fatticità, tratto dalla corrispondenza tra i due amici – per adeguarlo alla penetrazione minuziosa e perturbativa degli attuali feticismi attraverso alcune parole-chiave: bodyscape, location, attrattore. Ovvero tra i movimenti e i mutamenti del corpo panoramatico di un multividuo che fluttua tra luoghi, spazi, zone, interstizi della metropoli comunicazionale. Gli attrattori sono codici visuali ad alto valore feticista che attraggono e fissano lo sguardo. Sono policentrici e polimorfi, sincretici e fetish. Sono il movimento zero della pupilla. Da questa prospettiva, la ricerca si snoda sull’attrazione di corpi proliferanti in pubblicità, design, arte, architettura, moda; sui nessi tra sessualità-erotismo-porno; sulle bambole illusive di Rilke, perverse di Hans Bellmer, stupite di Simon Yotsuya. Infine disegna la prospettiva di un metafeticismo come possibilità politica comunicazionale per fatticità corporee liberate dallo stupore.

Don DeLillo - Body artist - Einaudi, 2001

La costa oceanica semideserta. Una vecchia casa. Rey, un maturo regista, e Lauren, una giovane body artist, sono sposati da pochi mesi quando lui si uccide, lontano, a New York. Lei rimane nella casa isolata e la lenta elaborazione del lutto passa attraverso stadi e stati di allucinazione sempre più tangibili, sempre più reali fino a tradursi in espressione artistica, in una trasformazione del corpo che ha il sapore della rinascita oltre che dell'opera d'arte.

mercoledì 26 novembre 2008

torture

wislawa szymborska

torture

nulla è cambiato.

il corpo è suscettibile al dolore

deve mangiare respirare e dormire

ha pelle sottile e subito sotto sangue

ha una buona riserva di denti e di unghie

ossa rompibili e giunture estensibili

nelle torture di tutto ciò si tiene conto.

nulla è cambiato.

i! corpo trema come tremava

prima della fondazione di roma e dopo

nel ventesimo secolo prima e dopo cristo

le torture sono così da sempre

solo la terra è cresciuta di meno

e qualunque cosa accade

sembra giusta dall'altra parte del muro.

nulla è cambiato c'è soltanto più gente

oltre le vecchie offese ne compaiono di nuove

reali immaginarie temporanee e inesistenti

ma il grido con cui il corpo risponde loro

era è e sarà un grido di innocenza

secondo eterni registri e misure

nulla è cambiato

se non forse i modi le cerimonie le danze

anche se !l gesto delle mani

che proteggono il capo

è rimasto lo stesso.

il corpo si torce dimena e divincola

le gambe cedono cade le ginocchia in aria

livido gonfio sbava e sanguina.

nulla è cambiato tranne i confini

la linea dei boschi litorali deserti e ghiacciai.

tra questi scenari l'anima (animula vagula blandula) vaga

sparisce ritorna si fa più vicina si allontana

estranea a sè stessa elusiva

ora certa ora incerta del proprio esistere

mentre il corpo c'è e c'è e c'è

e non ha un posto suo

sabato 15 novembre 2008

CARMELO BENE: chrònos, aiòn e macchina attoriale

Intervista a Romeo Castellucci

Giancarlo Cauteruccio - Drammaturgie elettroniche

TransAzioni e transizioni

Cosa definisce un maschio e una femmina, quali caratteristiche sessuali si definiscono aberranti o convenzionali, e quali sono le relazioni di comparazione culturalmente definite, quali gli operatori logici e i dispositivi di normalizzazione socio-culturale che costruiscono il maschile ed il femminile? Nel discorso medico-chirurgico infatti pare esistere culturalmente una stretta corrispondenza tra genere e genitali, e dunque tra pene e maschilità, vagina e femminilità, nonché un unico e solo orientamento erotico-affettivo (quello eterosessuale) volti alla sessualizzazione funzionale forzosa degli individui. Non si tratta però di una corrispondenza statica, definitiva.ssere umani non significa solo rientrare in una delle due categorie di genere: l’intersessualità prova, insieme con il transgenderismo, quanto sia complesso e sfaccettato il genere.Forse il “problema” per intersessuali e transgender è divenire umani: ma questo processo intercetta la dimensione dell’essere riconosciuti tali. Non è un limite della diversità in sé.

domenica 9 novembre 2008

TETSUO - The Iron Man, di Shinya Tsukamoto

Il corpo diventa tabula rasa, blank screen, sign-receiving system, sistema sempre aperto ad essere (ri)-costruito da forze sociali che si posizionano aldilà del suo controllo (Kroker e Kroker, 1988), un corpo senza organi, sfuggente, un corpo incerto, carne frattale. Anche nel cinema vengono offerti diversi spunti per la riflessione sul rapporto tra corpo, mutazioni e tecnologia. È il caso di Tetsuo. The iron man di Shinya Tsukamoto (1988). È la storia di un impiegato giapponese che, facendosi la barba una mattina, scopre un filo metallico che gli esce dalla guancia sinistra, tenta di rimuoverlo ma si ferisce. Da quel momento subisce progressivamente una metamorfosi., il suo corpo, genitali inclusi, si trasforma in una massa di ferraglia e tubi di acciaio. Le immagini assumono caratteri simbolici che riflettono particolari rappresentazioni sociali: la freddezza e l’inorganicità dell’acciaio; il sesso violento ed esasperato (il sesso del protagonista si trasforma in trapano; il personaggio ucciderà la propria fidanzata trivellandola); il mondo si trasforma in un ambiente disumanizzato, desensorializzato, meccanico, privo di estetica; gli spazi diventano sempre più angusti; i corpi sono avvolti e scompaiono sotto gli ammassi metallici. Il mondo sembra essere sommerso dal metallo che determina deviazioni morali e sessuali.

TRAILER:



UNA RIEDIZIONE RECENTE AL FEMMINILE E DECISAMENTE TRASH E SCADENTE:

Trans-Bjork-ization





The Horrors - Sheena is a Parasite (Chris Cunningham)

Ritornare al corpo ?

Il corpo rappresenta un oggetto di analisi interdisciplinare feconda, ed inoltre locus centrale e metafora per la comprensione e l’esplorazione dei mutamenti socio-culturali.Analizzare il corpo significa innanzitutto essere consapevoli che esso è mutevole, incompleto e tuttavia umano: “la sensazione allarmante della sua stabilità ha portato a numerosi tentativi di controllare lo sviluppo del corpo fisico promovendone certe caratteristiche a spesa di altre: il significato post-moderno del corpo è la realizzazione dei costi e delle debolezze di tali progetti utopici (Mirzoeff). È pertanto chiaro che in una rappresentazione il corpo non compaia come se stesso ma piuttosto come segno (Mirzoeff, ibid.): esso assume il range di significati metaforici attribuiti e controllati dall’artista attraverso il contesto di produzione e fruizione dell’oggetto culturale (sia che si tratti di una performance che di un’istallazione). È la creazione di un sistema complesso di segni, l’analisi di un particolare “bodyscape”. Il corpo postmoderno non è un tutto ideale quanto piuttosto un assemblaggio di frammenti. La frammentazione del corpo è diventato progetto comune nella vita di tutti i giorni: se possiedi abbastanza denaro puoi ricostruire e modificare faccia, naso e corpo, puoi cambiare il colore degli occhi, è abbastanza diffuso controllare e cambiare forma attraverso la dieta, l’esercizio fisico, la fitness, il body building. In un mondo via via sempre più globalizzato ed interconnesso, i nostri corpi, lungi dall’essere difese nei confronti del mondo circostante, si aprono e diventano vulnerabili ai contagi, le malattie, i contatti, gli scontri. I rapidi e a volta drammatici ed inesorabili mutamenti tecnologici ci portano a riflettere criticamente sul concetto di mutamento, processo quest’ultimo che diventa cifra e norma della contemporaneità. Appare inevitabile che anche il corpo debba cambiare. Se il corpo, le sue rappresentazioni, la sua antropologia e la sua fisicità mutano allora qualcosa si è trasformato. Si trasforma incessantemente. Compito delle scienze sociali, se possono avere mai un compito, è individuare queste trasformazioni, comprendere quei processi che sono apparentemente ovvi, banali o naif, ma che dalle loro dimensioni micro, a partire dai corpi e dalle loro relazioni, contribuiscono a fornire interpretazioni degli sviluppi sociali nella loro complessità. Ciò che è certo è che il corpo non è immune dalle più profonde trasformazioni sociali, economiche e politiche, esso diventa, nella postmodernità, invenzione e fuga. “Fuga dal mondo come destino, dal sesso come destino, dal corpo come destino”. La realtà virtuale e le tecnologie dell’informazione rendono gran parte delle funzioni fisiologiche e sociali (memoria, affetti, intelligenza, sessualità, lavoro) obsolete e nello stesso tempo rendono alcuni processi, un tempo considerati statici e fissati una volta per tutte, reversibili. Gli esempi citati toccano solo alcuni dei dibattiti contemporanei sulla natura del corpo in relazione ai mutamenti sociali, scientifici, politici, economici e culturali. Alcuni degli esempi riportati precedentemente considerano il corpo come obsoleto alla luce delle più recenti sviluppi tecnologici e delle pratiche bio-mediche , altri ancora guardano al corpo, con i suoi umori, sangue, sudore, lacrime e le sue funzioni come significante di razza, genere, classe e sessualità, come l’unica realtà, l’unico posto dove la diversità può ancora sopravvivere, in un mondo disumanizzato e sempre più virtuale. I lavori sul e nel corpo riflettono le tensioni sociali verso spazi alternativi di sperimentazione; le immagini dei corpi modificati sono da considerarsi insieme alla separazione del corpo dalle strutture politiche ed economiche della società. La fine del feudalesimo, la nascita del capitalismo industriale ed infine l’emergere della postmodernità basata sul controllo delle comunicazioni e dei sistemi segnici hanno portato a rendere opache le relazioni tra proprietà, corpo e sessualità. Alcune pratiche postmoderne relative agli usi del corpo umano, ed in particolare le sue modificazioni, hanno sempre meno a che fare con il corpo in sé: i corpi osservati e teorizzati sono corpi allontanati, rigettati o sequestrati dai loro stessi occupanti.
Il concetto di corpo diventa quello di entità liquida, flessibile, materia primitiva che rappresenta i mutamenti, e le soggettività mutevoli della società contemporanea.
Come abbiamo avuto modo di osservare precedentemente, il problema relativo al corpo e alle corporeità postmoderne coincide con le (inedite) modalità attraverso le quali i corpi si formano, si ri-combinano e veicolano l’azione sociale, anche in contesti virtuali o mediati dalle nuove tecnologie. Le ricerche future dovrebbero essere in grado di comprendere i diversi significati sociali che le nuove corporeità incarnano e i nuovi scenari sociali che spesso determinano.

Chris Cunningham - Flex (Music By Aphex Twin)

Marcel·li Antunez Roca - Epizoo 1994

Marina Abramovic

sabato 8 novembre 2008

David Nebreda: la fotografia terapeutica

David Nebreda utilizza autoritratti realizzati tra il 1989 e il 1999. Il periodo ritrae il crollo psichico e fisico dovuto alla schizofrenia e ad una serie di deturpazioni (escoriazioni, tagli e bruciature) legate a forme di autolesionismo. La pratica artistica, e la fotografia nello specifico, diventa cura psicologica ed unica forma di esistenza soprattutto a causa delle devastazioni della amlattia mentale. L'arte fotografica diventa forma di riappropriazione del corpo e dunque pratica terapeutica. Il dolore diventa forma di riavvicinamento al corpo, anche se brutale, e pertanto di riconquista della realtà.

Being "camp"!

"Many things in the world have not been named; and many things, even if they have been named, have never been described. One of these is the sensibility -- unmistakably modern, a variant of sophistication but hardly identical with it -- that goes by the cult name of "Camp."A sensibility (as distinct from an idea) is one of the hardest things to talk about; but there are special reasons why Camp, in particular, has never been discussed. It is not a natural mode of sensibility, if there be any such. Indeed the essence of Camp is its love of the unnatural: of artifice and exaggeration. And Camp is esoteric -- something of a private code, a badge of identity even, among small urban cliques." (Susan Sontag, Notes on camp", 1964)















In-corpor-AZioni : leit-motiv

venerdì 7 novembre 2008

Sociologia della Body Art: Bacon




Il tema della dissoluzione (già trattato da Greenaway in Il cuoco, il ladro, sua moglie e l’amante (1989), in questo caso si portava in scena l’opulenza del cibo e dei colori e il cannibalismo) si farà tema ricorrente nell’opera di Francis Bacon. La pittura di Bacon è caratterizzata non solo dalla trasformazione dei codici linguistici e figurativi, ma della carne morta ed inerte (meat) in carne viva e dilaniata (flesh), che si ibrida con le paure e l’orrore, frammentandosi e componendosi in brandelli, in bocche digrignanti, corpi vestiti e decapitati, che si scompongono in spasmi, in tentativi di umanizzazione, bambini paralitici che camminano a quattro zampe ispirati alle fotografie di Muybridge. “Ciò che Bacon ha di particolare è che la sua presenza […] salta agli occhi e che l’opera porta le impronte del suo agire, un po’ come la carne di una persona conserva le cicatrici di un incidente o di un’aggressione. Aggressione, parrebbe, contro il modello sottoposto a questo trattamento spietato e aggressione contro lo spettatore, che facilmente giudicherà mostruose queste figure che si potrebbero credere sorprese nella convulsione di un attimo estremo o ridotte da qualche catastrofe allo stato di groviglio di muscoli” (Leiris, 2001: 16; vd. Anche Bacon-Archimbaud, 1993; Deleuze, 1995).




Sociologia della Body Art VI: Ipertecnologia e sensi



Ritorniamo alla body-art: Stelarc artista australiano originario di Cipro ha iniziato sin dalla fine degli anni Sessanta a sperimentare i confini del suo corpo. Famose le ventisette performance The Body Suspensions, effettuate tra il 1976 e il 1988, in cui attraverso forme di meditazione si fa appendere con imbragature e con ganci e uncini conficcati nella pelle in spazi urbani (Copenaghen, New York) e in gallerie d'arte (Tokiwa Gallery e Tamura Gallery di Tokyo, Accademia d'arte di Monaco). Si tratta di azioni che trasgrediscono non solo la soglia del dolore ma si risolvono anche in un tentativo di sfida delle leggi di gravità e dello schema corporeo. Sono del 1981 e del 1994 rispettivamente Amplified body e Laser eyes and third hand: in questo caso Stelarc lavora alla creazione di un vestito elettronico il cui fine è di amplificare ed estendere i processi corporei, le onde cerebrali, i movimenti muscolari, le pulsazioni, la circolazione.Nel progetto The Third Hand, del 1981-1994, viene definite una mano artificiale, aggiunta al braccio non come sostituzione prostatica, ma in grado di muoversi autonomamente, attivata dai segnali elettrici dei muscoli addominali e della gamba. La terza mano è in grado di aprire e chiudere le dita, di ruotare il polso e possiede un rozzo senso del tatto. L’idea principale di Stelarc ruota attorno alle possibilità di potenziare il corpo umano sia attraverso accorgimenti di tipo tecnologico che fisico. In tal senso vigogna leggere i tentativi di vincere la forza di gravità con rituali primitivi e le performance low-tech e high-tech relative alla terza mano o alle intrusioni cyber. Il corpo diventa oggetto di esperimenti fisici e tecnologici che ne scoprono i limiti, rivelandone l’obsolescenza.

Il corpo e le sue funzioni primarie possono essere pertanto perpetrate non attraverso la riproduzione bensì potenziando tecnologicamente le sue funzioni, inaugurando pertanto l’inizio della nuova carne che non si ammala e sancendo la fine della filosofia e della fisiologia umane.
Il corpo non è più considerato come sede della psiche o del sociale, quanto piuttosto come struttura che deve essere monitorata e modificata, un corpo non come soggetto ma come oggetto, oggetto di design: esso pertanto, posti i suoi limiti, deve essere necessariamente ri-considerato e ri-progettato nella sua più intima natura, alterandone l’architettura si arricchisce la sua consapevolezza del mondo. Il corpo viene dequalificato a struttura inefficiente e non durevole, suscettibile alle malattie e alla fatica, all’età, la tecnologia in tal senso contribuisce a determinare soluzioni post-evolutive.La manipolazione diventa tema ricorrente nella produzione postmoderna. I progetti di Aziz+Cucher propongono criticamente e in maniera esplicita questa posizione. Essi lavorano principalmente sul tema della perdita dell’identità e sulle interazioni umane in una società in cui la tecnologia ha preso il sopravvento e possiede un ruolo sempre più invasivo nella mediazione dei processi comunicativi.




Sociologia della Body Art V: i video musicali (Chris Cunningham)

Nei video-clip della cantante islandese Bjork si scorge una particola attenzione per la dimensione corporea e per le sue rappresentazioni, due lavori in particolare, All is full of love (diretto da Chris Cunningham, 1999) e Pagan poetry (diretto da Nick Knight, 2001), presentano, rispettivamente, l’idea della commistione del corpo con la macchina e la presenza del corpo con le sue percezioni ed alterazioni. Il primo video è girato all’interno di un laboratorio, abitato da bracci elettronici che stanno assemblando un androide: l’atmosfera si rarefa attraverso luci fluorescenti, scoppiettii di micro-saldature, rumori elettrici. Vediamo via via l’androide femmina in posizione fetale, in pezzi non ancora assemblati, sebbene si tratti di un essere artificiale esso trasmette eleganza e bellezza, suggerite altresì dalle macchine che si muovono sinuosamente e lentamente. Gli occhi umani e il viso dell’umanoide, ricalcati sulla figura della cantante, suggeriscono il possesso di coscienza; subito si scopre che esiste un altro umanoide, dalle stesse fattezze. Le due si coinvolgono in un amplesso, si confondono, baciandosi, accarezzandosi, vernice bianca che vischiosamente scorre, luci fluorescenti.



In Pagan poetry, il corpo ritorna prepotentemente in scena, l’immagine di Bjork si confonde con trasfigurazioni segniche che attraversano il videoclip. L’erotismo delle immagini si sostanzia nel corpo nudo della cantante, vestita di sole perle cucite direttamente nella pelle: il desiderio erotico per l’altro si concretizza nell’offerta dei piercing che cospargono la schiena della cantante negli ultimi fotogrammi (in realtà negli ultimi secondi ne vediamo fare ben due).








Sociologia della Body Art IV: Il cinema di Cronenberg

Il tema della mutazione e dell’avvento della nuova carne è ricorrente anche nelle produzioni cinematografiche di David Cronenberg. I lavori di Cronenberg si informano alle possibilità che la tecnologia o la stessa psiche umana (vd. Scanners,; Brood. La covata malefica) hanno di mutare, anche violentemente i corpi, alle mutazioni genetiche o alla chirurgia, alle nuove forme di sessualità e di configurazione di potere, alle ibridazioni (The fly. La mosca).





La novità del cinema di Cronenberg risiede nel rappresentare la mostruosità[1] che ciascuno si porta dentro, e nelle possibilità che queste forze corrompano poco per volta il corpo fino alla perdita dell’identità, verso carne mutante e nuovi percorsi corporei. In David Cronenberg una nuova carne e un nuovo corpo sfuggono al controllo della razionalità e della mente. Sovente i suoi personaggi vivono questo sdoppiamento.La natura sembra volersi insediare nel corpo umano trasformandolo in territorio da conquistare, così come le patologie della psiche che si trasmettono carnalmente ai corpi, alterandoli plasticamente.



Si pensi alle relazioni tra la televisione e la sua invasività tattile di mcLuhaniana memoria: è il caso di Videodrome (1982). Uno dei proprietari di una piccola tv locale, Max Renn, è interessato ad un tipo di programmazione che conduca il telespettatore al limite delle emozioni. Rintraccia casualmente una rete televisiva che trasmette immagini cruente e di inedita violenza, entra in contatto con il segnale videodrome, il cui scopo non è semplicemente trasmettere immagini quanto piuttosto controllare direttamente il sistema nervoso, alterandolo e contaminandolo. Reificato in videoregistratore umano, riceve videodrome attraverso uno squarcio apertosi nel ventre, il protagonista diventa una sorta di biosintesi, decide tuttavia di combattere il programma, ma finisce con il suicidarsi nello scontro finale. Assistiamo all’ibridazione dell’organico e dell’inorganico, alla sintesi di una nuova carne, di forme inedite ed ibride di trasmissione di neuroni, ed insieme al collasso della realtà e alla più sottile demarcazione tra reale e virtuale.





In Crash (1996), Cronenberg indaga ancora il tema delle mutazioni ed esplora le relazioni tra uomo e macchina fino a con-fonderli in nuove sinestesia carnali e sessuali. La sceneggiatura, tratta da un romanzo di James G. Ballard, narra del piacere perverso e morboso di un giovane pubblicitario scoperto per caso dopo un incidente d'auto, in cui viene coinvolto un individuo, un medico, che decede. Il protagonista inizia una relazione con la moglie del medico deceduto, perdendosi nel culto dei car-crash, incontrando e coinvolgendo persone il cui dolore e piacere si incontra con le lamiere accartocciate delle automobili, dove la morte diventa il culmine del desiderio sessuale
[1] Nei lungometraggi così come nei videoclip vari autori fanno ricorso ad escamotages e rappresentazioni teratologiche che assurgono a metafora della metamorfosi e della trasformazione incessante dei processi socio-culturali ed insieme pongono, aldilà delle intenzioni originarie dei loro creatori, importanti riflessioni intorno allo sradicamento di ogni forma di finalismo legato all’apparire dei corpi che si sostanzi sulla relazione funzione-forma. “Il corpo mostruoso non è separato dal resto del reale, non è chiuso nella sua singolarità, ma si apre al mondo, si fonde con la natura e, superando se stesso, si trasforma nel sedimento dei movimenti evolutivi in esso rigorosamente scanditi e visualizzabili.
La mostruosità, quindi, non solo va considerata come un elemento vivificatore, ma assurge a condizione indispensabile per la sopravvivenza del creato, a manifestazione della sua incessante trasformazione e della sua adattabilità. Epifania della potenza della natura, principio motore di contro all’immobilità della forma, il mostro instaura la pluralità, provoca la trasformazione. L’inconsueto, l’anomalo non sono più espressione dell’irrazionale o dell’arbitrario, ma sono principi vitali che, attraverso un processo incessante di composizione e di ricomposizione, strutturano al realtà, adattandola a condizioni perpetuamente mutevoli. Il mostro non si scontra con l’umano e il normale, ma ne è parte integrante; non è una sconfitta della natura, ma è la manifestazione del potere vitale dei corpi viventi” (Mazzocut-Mis, 1994: XI).
Al già citato lavoro di Croneberg si suggerisce la visione del classico di Tod Browning Freaks (1932), ai cortometraggi e ai videoclip di Chris Cunningham (in particolare i videoclip di Aphex Twin Come to daddy (1997) e Windowlicker (1998), al commercial per la SONY Playstation Mental Wealth e l’inquietante trailer Rubber Johnny).

Sociologia della Body Art III: Orlan

L’intervento sul corpo assume carattere estremo nel caso della body-artist francese Orlan, in scena dal 1970. Obiettivo principale di Orlan è quello dell’intervento massivo nella ricostruzione plastica del suo viso, utilizzando la chirurgia plastica al fine di decostruire i miti della bellezza occidentale e mostrare la natura illusoria del corpo contemporaneo. La pelle dell’artista si innalza a significante della propria identità in continua risignificazione: le performances si risolvono in azioni drammatiche e teatrali all’interno della sala operatoria, il suo studio.
Il lavoro di Orlan si compone di registrazione video, fotografia e reliquari nonché istallazioni come quella al Centre Pompidou nel 1994, in cui l’artista propone ritratti di se stessa generati al computer attraverso la tecnica di morphing. Alla sua immagine sono accorpate e mescolate caratteristiche somatiche delle icone della bellezza femminile occidentale: dal mento della Venere di Botticelli, agli occhi della Psiche di Germe, alla fronte della Mona Lisa di Leonardo, alle labbra dell’ Europa di Boucher. La pelle, l’identità dei corpi, diventa superficie osmotica dell’essere, esistenza come interfaccia, relazione tra l’interiorità e l’apparenza.



Sociologia della Body Art II: la carne

Nel momento di piena esibizione del corpo assistiamo alla riappropriazione del corpo attraverso elementi egocentrici, egotisti ed edonisti: in tal caso il corpo diventa strumento di amplificazione, cassa di risonanza del reale attraverso l’esasperazione della percezione e la riappropriazione dei suoi liquidi ed i suoi fluidi corporei (Franko B.); in tale setting il ruolo del pubblico è fondamentale nel completamento della performance, elemento di complicità e ritualità insieme, elemento orgiastico individuato già da Michel Maffesoli. Le modificazioni e le umiliazioni corporee, quali riti di passaggio ad libitum, sono momenti in cui il segno iscritto si concretizza in un segno identitario, in riaffermazione cruentadi corpi che attraverso l’autoafflizione sembrano recuperare genuinità, innocenza e carattere di originarietà e primitività





Gina Pane, Azione sentimentale, 1974; Franko B.



Un corpo che scompare e un corpo che si afferma violentemente. Guardiamo da vicino le declinazioni delle fenomenologie individuate.
Il corpo nella postmodernità sembra assumere nuove connotazioni: si pensi all’AIDS, per esempio, e alle diverse formulazioni ed immagini di corpo cui ha dato vita, in termini di T-cells e CD-4 clusters o nella presentazione della fragilità di corpi malati contro le promesse di eternità della medicina moderna. A questi temi si riferiscono i lavori di Ron Athey, AIDS activist, soprattutto nelle collaborazioni con Lawrence Steger in Incorruptible Flesh. Il titolo si riferisce al corpo di un santo che rimane puro, statico, immutabile e venerabile e insieme connota quella tipologia di corpo che risiede al di là della corruzione della carne e del decadimento. I due body-artists intendono esplorare il loro status di persone infette HIV+, ed in modo specifico esplorare l’idea del corpo come manifestazione fisica della malattia (del virus) che rappresenta le contraddizioni del vivente che ha contratto il virus e della promessa di vita eterna e dell’aldilà.
Nel caso di Franko B, protagonista della body art, il corpo diventa zona di Guerra, camera della tortura, spazio della performance. Egli infatti si procura volontariamente ferite ed emorragie in scena. Le immagini che crea si riferiscono alle costrizioni delle istituzioni totali: il nosocomio, l’ospedale e le restrizioni corporee (la camicia di forza, la sedia a rotelle, la gabbi e la borsa del catetere). In un certo modo si tratta della rappresentazione del corpo sociale iscritto nel corpo fisico e delle istituzioni sociali che imprimono il loro marchio direttamente sul corpo, dal momento che le form di controllo che promuovono passano attraverso il corpo e vi si imprimono.Il corpo e i suoi più intimi componenti, il sangue, diventano pubblici: nelle performance rituali e viscerali del corpo, bisogni organici e desiderio di funzionare come umano sintetizzano la tensione verso la riappropriazione del corpo. Abietto, nudo, abusato, coperto di sangue e fluidi corporei ricorda le caratteristiche dell’essere corpo che proviamo a dimenticare: Franko B usa il suo corpo come spazio della performance considerandolo come diritto inalienabile di poterlo usare come sceglie di fare contro i tentativi di restringere, abusare, strumentalizzare e invadere gli spazi vitali. In tal senso il corpo viene cruentamente proposto al fine di non essere dimenticato ed eluso dal mondo sempre più sterile, tecnologizzato



Sociologia della Body Art

Il termine body art fu introdotto nel 1969 per riferirsi alle performance di Vito Acconci e Jan Wilson a New York. I precedenti artistici e i movimenti culturali che sottendono l’espressione corporea estrema di questa peculiare forma di performin-art si ritrovano nel Teatro della Crudeltà di Artaud; in Duchamp (vd. Tonsura, 1919 e Rose Sélavy, 1921); nei corpi firmati e ne "La merde d’artiste" di Piero Manzoni e nelle Antropometrie o nel Tentativo di volo di Yves Klein. Scrive Artaud ne Il Teatro e il suo doppio “Senza un elemento di crudeltà alla base di ogni spettacolo, non esiste teatro. Nella fase di degenerazione in cui ci troviamo, solo attraverso la pelle si potrà far rientrare la metafisica negli spiriti” (Artaud, 2000: 214).
La body-art si fonda e confonde nel tripudio della sensorialità: vista, gusto, olfatto, tatto e udito diventano strumenti e fini della performance attraverso la quale l’artista aggredisce se stesso e il pubblico al fine di presentificare la propria esistenza. “L’uomo è ossessionato dalla necessità di agire in funzione dell’altro, ossessionato dalla necessità di mostrarsi per potere essere. Si vuole vivere l’ethos e il pathos collettivi, cogliere nella fisicità bruttale l’esistente, produrre fenomeni spudoratamente tali (il dramma è nel fatto che l’espressione fenomenica è condannata dalla sua stessa natura espressiva a convertirsi in simbolo), comunicare qualcosa di sentito prima ma di vissuto in quel momento, compiere un ritorno all’origine ma senza uscire dal presente, riportare l’uomo all’autorelazione e alla relazione con gli altri, cioè al suo modo di esistenza specifica […].” (Vergine, 2000: 8)
Marcel Duchamp, Tonsure, 1919 M. Duchamp, Rose Sélavy, 1921
Nella body-art l’accento è posto sulla natura, sulla priorità e l’emergenza dei fenomeni organici, sulla possibilità di esperire ogni funzione corporea e attraverso questa la realtà, perlustrandola anche in maniera sofferta e dolorosa, alla ricerca dell’autenticità dell’esperienza, ricerca che non si sostanzia nell’ascetismo o nel misticismo bensì si risolve nell’ “affrontare la morte attraverso la vita, frugando al di sotto, esibendo il segreto e il rovescio” (Vergine, ibid.: 9).
“Registratori, cineprese, macchine fotografiche, misuratori e tracciati topografici sono i mezzi cui si ricorre per fermare una quantità di piccoli episodi privati. L’artista diventa, dunque, il suo oggetto. Meglio, l’artista è tetico di sé ed è tetico dell’oggetto, pone cioè se stesso come oggetto, essendo cosciente di tale processo. […]. Le testimonianze di sé, della propria vita, l’intera sfera del “privato” vengono impiegate come materiale di repertorio. Tutto diventa recuperabile: una qualunque azione di un qualunque momento di una qualsiasi giornata; le proprie foto, le radiografie e le scopie; la propria voce; tutti i possibili rapporti con gli escrementi e con i genitali; ricostruzioni di fatti del proprio passato o messe in scena di sogni; l’inventario degli incidenti di famiglia; la ginnastica, la mimica e le acrobazie; le percosse e le ferite.” (Vergine, ibid.: 15)
“Con la Body Art l’artista diviene opera d’arte, investe il suo corpo di un rapporto oggettuale, si ridefiniscono le geografie corporali, una visibilità del corpo che l’arte attesta su immagini vive, carne e sangue, ferite e cicatrici, organi interni e cadaveri. E intorno a questa nuova rivolta della percezione, la necessità per l’arte di trasgredire i tabù sociali legati a modelli fisici istituiti, attorno ai quali l’identità è tradizionalmente concepita. L’azione è un atto performativo agito in tempo reale, a cui il pubblico non può sottostare, in cui viene costretto a provare imbarazzo, sorpresa, disgusto, eccitazione. Il corpo diviene linguaggio assoluto, medium attraverso il quale l’artista si trasforma, trasforma la propria immagine e la propria identità. Il corpo diviene materiale plasmabile” (Alfano Miglietti, 1997: 24-25).
Possiamo distinguere all’interno delle diverse correnti artistiche che ispirano la body-art svariati temi (sadomasochismo, travestitismo; inversione dei ruoli; maschera e smorfia) che tuttavia possono essere ricondotti alla concezione del corpo come limitazione e come possibilità. Nel primo caso sono identificabili i tentativi di ricorrere a tecnologie che possano ovviare all’obsolescenza del corpo (Stelarc), all’insegna di una nuova carne e di nuove forme del desiderio (Orlan), facendo ricorso a sovvertimenti e a forme di auto ed etero-aggressività, scomposizione della normalità delle immagini in cui l’uomo è convenzionalmente costretto a riconoscersi; sovvertimento dei ruoli e delle funzioni (sessuali, normativi, morali) come possibilità di intervenire nella propria vita: i processi artistici e mentali assumono traslazioni somatiche e sono esperiti come operazioni somatiche, i corpi diventano corpi ibridi, in metamorfosi, l’identità diventa compito individuale sottratto alla sessualità (si pensi alla dissoluzione dei confini tra maschile e femminile, alle forme di androginia, desessualizzazione e sessualizione inedite proposte da Lüthi, Sieverding, Castelli, Messager) e alla razza (i corpi di Mapplethorpe nelle commistioni di fotografia e pornografia sono per esempio sovversioni delle stereotipie razziste della classe media americana) in visione dell’autocreazione e l’automutazione, della frammentazione del corpo (i corpi a pezzi e i corpi morti fotografati da Andres Serrano).


K.Sieverding, Selezione di 148 fasi della stessa
situazione “senza titolo”, 1973 (particolare); U. Lüthi, This is about you, 1973 (part.)