venerdì 7 novembre 2008

Sociologia della Body Art II: la carne

Nel momento di piena esibizione del corpo assistiamo alla riappropriazione del corpo attraverso elementi egocentrici, egotisti ed edonisti: in tal caso il corpo diventa strumento di amplificazione, cassa di risonanza del reale attraverso l’esasperazione della percezione e la riappropriazione dei suoi liquidi ed i suoi fluidi corporei (Franko B.); in tale setting il ruolo del pubblico è fondamentale nel completamento della performance, elemento di complicità e ritualità insieme, elemento orgiastico individuato già da Michel Maffesoli. Le modificazioni e le umiliazioni corporee, quali riti di passaggio ad libitum, sono momenti in cui il segno iscritto si concretizza in un segno identitario, in riaffermazione cruentadi corpi che attraverso l’autoafflizione sembrano recuperare genuinità, innocenza e carattere di originarietà e primitività





Gina Pane, Azione sentimentale, 1974; Franko B.



Un corpo che scompare e un corpo che si afferma violentemente. Guardiamo da vicino le declinazioni delle fenomenologie individuate.
Il corpo nella postmodernità sembra assumere nuove connotazioni: si pensi all’AIDS, per esempio, e alle diverse formulazioni ed immagini di corpo cui ha dato vita, in termini di T-cells e CD-4 clusters o nella presentazione della fragilità di corpi malati contro le promesse di eternità della medicina moderna. A questi temi si riferiscono i lavori di Ron Athey, AIDS activist, soprattutto nelle collaborazioni con Lawrence Steger in Incorruptible Flesh. Il titolo si riferisce al corpo di un santo che rimane puro, statico, immutabile e venerabile e insieme connota quella tipologia di corpo che risiede al di là della corruzione della carne e del decadimento. I due body-artists intendono esplorare il loro status di persone infette HIV+, ed in modo specifico esplorare l’idea del corpo come manifestazione fisica della malattia (del virus) che rappresenta le contraddizioni del vivente che ha contratto il virus e della promessa di vita eterna e dell’aldilà.
Nel caso di Franko B, protagonista della body art, il corpo diventa zona di Guerra, camera della tortura, spazio della performance. Egli infatti si procura volontariamente ferite ed emorragie in scena. Le immagini che crea si riferiscono alle costrizioni delle istituzioni totali: il nosocomio, l’ospedale e le restrizioni corporee (la camicia di forza, la sedia a rotelle, la gabbi e la borsa del catetere). In un certo modo si tratta della rappresentazione del corpo sociale iscritto nel corpo fisico e delle istituzioni sociali che imprimono il loro marchio direttamente sul corpo, dal momento che le form di controllo che promuovono passano attraverso il corpo e vi si imprimono.Il corpo e i suoi più intimi componenti, il sangue, diventano pubblici: nelle performance rituali e viscerali del corpo, bisogni organici e desiderio di funzionare come umano sintetizzano la tensione verso la riappropriazione del corpo. Abietto, nudo, abusato, coperto di sangue e fluidi corporei ricorda le caratteristiche dell’essere corpo che proviamo a dimenticare: Franko B usa il suo corpo come spazio della performance considerandolo come diritto inalienabile di poterlo usare come sceglie di fare contro i tentativi di restringere, abusare, strumentalizzare e invadere gli spazi vitali. In tal senso il corpo viene cruentamente proposto al fine di non essere dimenticato ed eluso dal mondo sempre più sterile, tecnologizzato



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